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Forse molti romani non sanno che il picco di roccia sul Campidoglio era chiamato “la rupe Tarpea” in passato. Secondo la leggenda, era il luogo in cui venivano gettati i traditori. Virgilio ne parla nell’ottavo libro dell’Eneide, menzionando la rupe Tarpea come un luogo sacro. La storia racconta di una donna di nome Tarpea che tradì Roma chiedendo agli invasori Sabini gli scudi d’oro che portavano al braccio sinistro, ma poi si accorse che avevano anche gli scudi sul braccio sinistro e fu precipitata dalla rupe, che prese il suo nome.
Un’altra storia simile è quella di Raab, una donna che appare nel libro di Giosuè. Gli Israeliti, dopo essere stati autorizzati da Dio a occupare la “terra promessa” a causa della loro schiavitù in Egitto, si trovano alle porte di Gerico, una città ben difesa. Giosuè invia due spie a esplorare la città, che trovano rifugio presso Raab, una prostituta. Raab nasconde le spie e inganna il re di Gerico per proteggerle, chiedendo in cambio la salvezza per la sua famiglia. Quando gli Israeliti conquistano Gerico, Raab e la sua famiglia vengono risparmiate per aver aiutato le spie.
Le storie di Tarpea e Raab offrono interpretazioni contrastanti sulle due donne. Mentre Tarpea viene punita per la sua avidità, Raab viene lodata per il suo altruismo verso i profughi israeliti, anche se favorisce la guerra con l’inganno. Nel Nuovo Testamento, Raab viene menzionata tra le matriarche del Messia, simboleggiando la pace e l’unità tra popoli diversi che abitano insieme come una famiglia.
Le storie di Tarpea e Raab ci ricordano l’importanza della generosità e della compassione anche in tempi di conflitto e guerra. Ci insegnano che anche le azioni di una singola persona possono avere un impatto significativo sulla storia e sul destino di intere nazioni.