Molto allarmismo pre-protesta, tanto da far rinunciare per paura molti che avrebbero voluto partecipare alla manifestazione pro-Palestina a Roma. La piazza era già piena di persone, ma avrebbe potuto essere ancora più affollata se non ci fosse stato il clima teso e le preoccupazioni per la presenza di sostenitori di Hamas e antisemiti. La comunità palestinese romana ha quindi deciso di posticipare la manifestazione al 12 ottobre, scelta seguita da altre realtà politiche che hanno deciso di non aderire.
Durante la manifestazione non autorizzata del weekend scorso, che ha visto la partecipazione di diverse sigle sindacali, esponenti politici, associazioni, cittadini e centri sociali, si sono verificati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Bombe carta, pali della segnaletica sradicati, sassi e bottiglie sono stati utilizzati come simboli di tensione e conflitto. Anche se alcuni media li definiscono “infiltrati”, secondo alcuni sono persone che hanno scelto la violenza.
Nonostante le tensioni e le perplessità, circa settemila persone hanno sfidato il divieto per partecipare all’evento pro-Palestina, che si è svolto anche in altre città europee. Il messaggio principale della manifestazione era quello di fermare il genocidio palestinese e di commemorare gli attentati di Hamas seguiti dall’invasione di Gaza da parte di Israele. Tuttavia, il clima teso ha portato la comunità palestinese a rimandare la propria partecipazione, pianificando un nuovo evento per il prossimo sabato.
Il presidente della comunità palestinese di Roma e del Lazio, Yousef Salman, ha confermato che scenderanno in piazza il 12 ottobre per esprimere la loro opposizione alla situazione attuale, chiedendo la fine del genocidio e dei bombardamenti israeliani sulla popolazione. Rivendicano il diritto alla Palestina libera e chiedono agli altri Paesi, compresa l’Italia e l’Europa, di riconoscere lo stato palestinese.
La manifestazione pro-Palestina ha quindi assunto un significato importante, non solo per esprimere solidarietà e opposizione alla violenza, ma anche per chiedere azioni concrete per porre fine al conflitto in corso. La partecipazione e il sostegno alla causa palestinese rimangono alti nonostante le difficoltà e le tensioni preesistenti.