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Risultati dell’esumazione del presunto Mostro di Firenze: il mistero della moglie

A più di trentanove anni dall’ultimo duplice omicidio attribuitogli il caso del mostro di Firenze continua a riservare nuovi sviluppi investigativi. Ieri nel cimitero di Montelupo Fiorentino sono stati riesumati i resti di Francesco Vinci, accusato nel 1982 di essere il maniaco delle coppiette (scagionato l’anno successivo mentre si trovava in carcere), morto il 7 agosto 1993. Il suo corpo, insieme a quello del pastore Angelo Vargiu, venne trovato incaprettato e carbonizzato nel bagagliaio di una Volvo 240 nelle campagne di Chianni (Pisa). A disporre la riesumazione della salma e il successivo test del Dna sono stati i magistrati Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, titolari dell’ultima inchiesta sul serial killer che ha colpito sulle colline del capoluogo toscano dal 1968 al 1985.

Vitalia Melis, la vedova di Vinci, ha espresso forti sospetti sulla morte del marito, affermando di averlo visto alcuni giorni dopo la sua presunta scomparsa. Il criminologo Davide Canella ha avviato le pratiche burocratiche per la riesumazione, citando il racconto di Melis in cui avrebbe visto Francesco Vinci salutarla da un’auto. Questa testimonianza potrebbe rilanciare l’interesse sul caso e sollevare nuove domande sul destino di Vinci.

Ipotesi che può essere smentita o confermata solamente con il test del Dna. Di sicuro resta invece il coinvolgimento di Francesco Vinci e del fratello Salvatore nella cosiddetta «pista sarda» che nel 1982 sembrava a un passo dalla svolta nel caso del mostro di Firenze (per il quale sono stati condannati in via definitiva i compagni di merende Mario Vanni e Giancarlo Lotti, identificati come autori materiali di quattro duplici omicidi). Pista investigativa che prendeva spunto dall’omicidio dei due amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco uccisi a Lastra a Signa nel 1968.

Riesumare i corpi per la verità sul Mostro di Firenze: il caso sbarca in Parlamento

Il marito della donna, Stefano Mele, tirò in ballo i fratelli Vinci, amanti della moglie, ma alla fine del procedimento sarà lui ad essere condannato per calunnia nei confronti dei due Vinci. L’arma di quel delitto, una beretta calibro 22, non è mai stata ritrovata e comparirà di nuovo sulla scena del crimine nel 1974, quando viene uccisa la seconda coppia della serie, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini. I quali si legano a Vinci anche per l’aspetto del materiale genetico: infatti l’avvocato Vieri Adriani, che rappresenta anche i familiari della coppia francese uccisa a Scopeti nel 1985, ha chiesto la riesumazione di queste quattro salme perché ritiene di aver individuato un Dna ignoto, isolato da un’ogiva estratta dal cuscino della tenda in cui vennero ammazzati Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot.

Mostro di Firenze, spunta un “dna ignoto”. Chi vuole riaprire il caso

Il mistero del Mostro di Firenze continua a suscitare interesse e dibattiti, con la recente riesumazione dei resti di Francesco Vinci che potrebbe portare a nuove scoperte nel caso. La testimonianza della vedova Vitalia Melis, che sostiene di aver visto il marito vivo dopo la sua presunta morte, aggiunge un’elemento intrigante alla narrazione. Il coinvolgimento dei fratelli Vinci nella “pista sarda” e la richiesta di riesumazione di altre salme legate ai delitti del Mostro di Firenze sollevano interrogativi sulla verità dietro questi tragici eventi. Con il test del Dna in corso, si spera che finalmente si possa fare luce sulla vicenda e portare giustizia alle vittime e alle loro famiglie.